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LA VITA COME PROCESSO

La biologia è la scienza che si occupa dello studio della vita, degli organismi intesi come sistemi aperti che mantengono l'omeostasi quale tendenza naturale al raggiungimento di una relativa stabilità, sia delle proprietà chimico-fisiche interne sia comportamentali. Gli organismi, in quanto composti da cellule, hanno un ciclo vitale, sono sottoposti al processo metabolico, possono crescere, adattarsi al loro ambiente, rispondere agli stimoli, riprodursi ed evolversi. Esistono varie forme di vita come: piante, animali, funghi, protisti(1), archaea(2) e batteri. I criteri definitori di ciò che è “vita” possono a volte essere ambigui e comprendere virus, viroidi e sistemi assimilabili di vita sintetica; per questo ancora oggi, non esiste alcuna concordia in merito alla definizione del concetto di vita.

In passato, sono state formulate molte teorie per definire cosa si intendesse per vita, attraverso concetti obsoleti quali: forza odica(3), hylomorphism(4), generazione spontanea e vitalismo. Tali assunti sono stati però smentiti dalle moderne scoperte biologiche. Aristotele fu la prima persona a classificare gli organismi viventi; più tardi, Carl Linnaeus(5) introdusse il sistema di nomenclatura binomiale per la classificazione delle specie viventi. Successivamente furono scoperti nuovi gruppi e categorie di vita, come cellule e microrganismi, che costrinsero a revisionare drammaticamente la struttura delle relazioni tra organismi viventi e organismi inanimati.

Per lungo tempo la definizione di vita è stata una diatriba aperta tra scienziati e filosofi. Sono state anche proposte definizioni adeguate della vita, tuttavia rimaneva sempre una difficoltà sulla presunta distinzione tra gli esseri viventi dai non viventi. Non solo dal punto di vista scientifico, ma anche in ambito giuridico, le difficoltà nel trovare definizioni esatte della vita sono state ampiamente manifestate e discusse, sebbene in generale queste si concentrassero prevalentemente sulla decisione di dichiarare l’ipotesi o la certezza di morte di un essere umano e sulle estensioni legali di questa conclusione.



Fino ad oggi sono state avanzate una moltitudine imprecisabile di definizioni sui fondamenti della vita, senza trovare però una risoluzione o almeno un punto di convergenza tra queste correnti interpretative. Una possibile lettura potrebbe risiedere nell’affermazione che la vita è un processo, non una sostanza. Nella maggior parte dei trattati la vita è pertanto considerata una caratteristica di qualcosa che conserva, rafforza e sviluppa la sua esistenza nell'ambiente dato.

Se pensiamo all'abiogenesi(6) quale processo naturale della vita, derivante dalla materia non vivente e capace di formare disposizioni organiche semplici, possiamo tranquillamente affermare che la transizione da entità non viventi a entità viventi non è un caso sporadico, ma un processo graduale di crescente complessità. Le prime forme di vita conosciute sono microfossili di batteri risalenti a circa 4,28 miliardi di anni fa, subito dopo la formazione dell'oceano. Il classico esperimento Miller-Urey(7) del 1952 e il lavoro di Sidney Walter Fox(8) hanno dimostrato che la maggior parte degli amminoacidi e dei costituenti chimici delle proteine ​​utilizzate in tutti gli organismi, sono simili a quelli destinate a replicare la prima organizzazione sul nostro pianeta, nonostante le condizioni atmosferiche fossero diverse. Le molecole viventi possono essere sintetizzati e trasmutati da composti inorganici in composti organici sia si tratti del Sistema Solare sia dello spazio interstellare. Le stesse molecole potrebbero aver fornito materiale di partenza per lo sviluppo della vita sulla Terra. Lo studio pubblicato sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society(9) ha dimostrato che almeno metà del corpo umano ha origine dallo spazio. La conclusione cui sono giunti gli astrofisici della Northwestern University di Evanston in Illinois, conferma quanto sostenuto da molti poeti: “Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatte le stelle”. Organi, muscoli e scheletro hanno attinto buona parte i propri mattoni dalle particelle stellari che aleggiano nelle galassie, molto di più di quanto si possa immaginare che nell’atmosfera terrestre. Il corpo umano è quindi intimamente legato al Sole e alle sue reazioni nucleari i cui prodotti raggiungono il nostro pianeta attraverso il vento solare. Teorie ancora più audaci sostengono che le macchie solari siano delle reali “porte dimensionali” o wormhole(10), letteralmente buco di tarlo o buco bianco, connessi a un buco nero mediante il ponte di Einstein-Rosen. Spiega Poplawski(11) come “il nostro Universo potrebbe essersi formato all’interno di un buco nero che esiste dentro un altro universo più grande” interconnesso attraverso i ponti di Einstein-Rosen, ognuno intimamente collegato con un proprio universo che si è formato contemporaneamente da un corrispettivo buco nero. Seguendo tale teoria, i rimasugli del Big Bang, la nascita e morte di stelle lontane, le collisioni cosmiche tra pianeti e asteroidi, rivivono all’interno del nostro corpo, il quale ospita, tra le intercapedini, il pulviscolo stellare e gli atomi provenienti dallo spazio infinito.


Fin dai suoi esordi primordiali, la vita sulla Terra ha modificato l’ambiente su una scala temporale geologica, ma contemporaneamente si è anche adattata per sopravvivere alle continue condizioni metamorfiche degli ecosistemi. Oggi possiamo riscontrare come alcuni microrganismi, chiamati estremofili(12), prosperano in ambienti fisici o geochimici estremi, dannosi per la maggior parte di altre forme di vita sulla Terra. Nei fondali oceanici dove non arriva neppure la luce, vivono organismi i quali riescono a emettere luminescenze naturali autoctone. Il Noaa (National oceanic and atmospheric administration) ha intrapreso una spedizione proprio in queste depressioni semi-inesplorate ed ha riportato splendide immagini di strane creature che popolano questi fondali. Accendendo fari in mezzo al mare dove la luce non arriva mai, sono emerse dal buio alcune specie sconosciute di animali marini. Eppure, per quanto incredibile possa sembrare, quest’ambiente ostile, in cui tra l’altro la pressione è centinaia di volte superiore a quella che esiste al livello del mare, non respinge la vita, ma al contrario la attira. Tra le centinaia di specie che vivono in questo ambiente, si trovano anche i cosiddetti “vermi tubicoli”, ovvero vermi abitanti in tubi saldamente ancorati al fondo marino, dai quali fuoriesce una specie di pennacchio rosso vivo. Se esaminiamo più da vicino questi vermi andiamo incontro a un interessante riflessione: questi animali sono privi di bocca e di apparato digerente. Come fanno, dunque, a mangiare e ad assimilare il cibo? La risposta risiede nel fatto che Nel corpo di questa specie di vermi e nei loro pennacchi circola sangue rosso! Non un fluido analogo al sangue, ma vero e proprio sangue ricco di emoglobina. Per poter catturare tutte le sostanze chimiche di cui hanno bisogno i batteri, il sangue dei vermi tubicoli è composto da molecole di emoglobina trenta volte più grosse di quelle presenti nel sangue umano. Il sangue trasporta queste sostanze chimiche ai batteri affamati i quali, a loro volta, producono cibo per il verme grazie a una simbiosi (un’associazione di organismi di specie diverse che collaborano per il mutuo beneficio).


Agli inizi del secolo scorso la cellula era considerata l'unità strutturale e funzionale della vita. Le due tipologie cellulari: procariotiche(13) ed eucariotiche(14), entrambe costituite dal citoplasma racchiuso all'interno di una membrana con biomolecole quali proteine ​​e acidi nucleici.

La strutturazione cellulare poteva infatti spiegare processi complessi e interdipendenti, chiamati funzioni fisiologiche, contenenti basi fisiche e chimiche quali ad esempio:

  • L’Omeostasi - regolazione dell'ambiente interno per mantenere uno stato costante, ad esempio sudare per ridurre la temperatura;

  • Organizzazione - essere strutturalmente composti da una o più cellule quali unità di base della vita;

  • Metabolismo - trasformazione di energia mediante conversione di sostanze chimiche ed energia in componenti cellulari (anabolismo) e decomposizione della materia organica (catabolismo). Gli esseri viventi richiedono energia per mantenere l'organizzazione interna (omeostasi) e per produrre gli altri fenomeni associati alla vita;

  • Crescita - mantenimento di un più alto tasso di anabolismo rispetto al catabolismo. Un organismo in crescita aumenta di dimensioni in tutte le sue parti, piuttosto che semplicemente accumulare materia casualmente;

  • Adattamento - la capacità di cambiare nel tempo in risposta all'ambiente. Questa capacità è fondamentale per il processo di evoluzione ed è determinata dall'eredità, dalla dieta e dai fattori esterni dell'organismo;

  • Risposta agli stimoli - una risposta può assumere molte forme, dalla contrazione di un organismo unicellulare a sostanze chimiche esterne, a reazioni complesse che coinvolgono tutti i sensi di organismi pluricellulari. Una risposta è spesso espressa dal movimento, per esempio le foglie di una pianta rivolte verso il sole (fototropismo) e la chemiotassi;

  • Riproduzione: la capacità di produrre nuovi organismi individuali; le cellule si riproducono attraverso un processo di divisione cellulare, in cui la cellula madre si divide in due o più cellule figlie;

  • Meccanismi di segnalazione e controllo - sono essenziali per il mantenimento della vita.

Tuttavia mancava ancora qualcosa per risolvere il quadro dei processi vitali. Accenneremo adesso a due altre concezioni che hanno apportato un notevole contributo alla determinazione dell’idea di vita:


1) Il punto di vista della fisica classica che considera gli esseri viventi come sistemi termodinamici con una struttura molecolare organizzata che può riprodursi ed evolversi seguendo il principio della sopravvivenza. Termodinamicamente la vita è stata descritta come un sistema aperto che fa uso di progressioni nelle sue adiacenze per creare copie imperfette di se stesso. Quindi, la vita è un sistema chimico autosufficiente capace di subire l'evoluzione darwiniana. Un punto di forza di questa definizione è distinguere la vita dal processo evolutivo piuttosto che dalla sua composizione chimica. Per i biofisici i fenomeni minimi richiesti affinché si possa parlare di organismi viventi, sono basati prevalentemente su processi chimici. Luigi Fantappié(15) fu uno dei primi ad accorgersi della funzione degli esseri viventi sull'entropia negativa o sintropia(16). In altre parole, i processi viventi possono essere visti come un ritardo della diffusione o dispersione spontanea dell'energia interna delle molecole biologiche verso più potenziali microstati. Più in dettaglio, secondo alcuni fisici tra i quali John Bernal(17), Eugene Wigner(18), Erwin Schrödinger(19), la vita è una componente della classe dei fenomeni che sono considerati sistemi aperti o contigui in grado di diminuire la loro entropia interna a scapito di sostanze o energia libera assorbita dall'ambiente e successivamente rilasciata in forma degradata.


2) Il punto di vista sistemico che non dipende necessariamente dalla chimica molecolare, considera sia la vita sia gli esseri viventi come sistemi auto-organizzanti e autopoietici(20) (autoproducenti, ovvero il dominio di esistenza di un sistema autopoietico coincide con il dominio topologico delle sue componenti). Variazioni di questa definizione includono la spiegazione di Stuart Kauffman(21) come agente autonomo o sistema multi-agente in grado di riprodursi e di completare almeno un ciclo di lavoro termodinamico. Questa definizione fu estesa nel primo tentativo di trovare una teoria generale dei sistemi viventi che spiegasse la natura della vita. Nel 1978 il biologo americano James Grier Miller(22) definì un componente di sistema come "un'unità di organizzazione, una parte con una funzione, cioè una relazione definita tra parte e insieme". Da questo e da altri concetti di partenza, si sviluppò una "teoria relazionale dei sistemi" che poteva spiegare le proprietà speciali della vita. Nello specifico, identificò la "non frazionabilità dei componenti in un organismo" come la differenza fondamentale tra i sistemi viventi e le "macchine biologiche".


Per comprendere meglio l’approccio sistemico bisogna tornare negli anni '60, allo scienziato James Lovelock(23), che con la sua proposta, in seguito definita “ipotesi di Gaia”, concepiva la vita come una proprietà degli ecosistemi, suggerendo che la vita sulla Terra funzionasse come un singolo organismo che definisce e mantiene le condizioni ambientali necessarie per la sua sopravvivenza. Questa ipotesi è servita come una delle basi della moderna scienza del sistema terrestre. Tale idea che la Terra sia viva si trova nella filosofia e nella religione, anche se la prima discussione scientifica è stata condotta dello scienziato scozzese James Hutton(24). Nel 1785 egli dichiarò che la Terra fosse un superorganismo e che il suo studio dovesse essere trattato in termini fisiologici. Hutton è considerato oggi il padre della geologia, nonostante la sua idea di una Terra vivente fu dimenticata per tutto il periodo di intenso riduzionismo del XIX secolo.

La visione sistemica della vita considera i flussi ambientali e i flussi biologici insieme come una "reciprocità d’influenza" e una relazione reciproca con l'ambiente è discutibilmente importante per comprendere la vita così come lo è per comprendere gli ecosistemi.


Come spiega Harold J. Morowitz(25) (1992), la vita è una proprietà di un sistema ecologico piuttosto che un singolo organismo o specie. Egli sostiene che una definizione ecosistemica della vita sia preferibile a quella strettamente biochimica o fisica. Robert Ulanowicz(26) (2009) evidenzia il mutualismo come chiave per comprendere il comportamento sistemico e generativo della vita e degli ecosistemi. I sistemi viventi sono forme di vita auto-organizzate che interagiscono con il loro ambiente. Questi sistemi sono gestiti da “flussi di informazioni”, energia e materia. Alcuni scienziati hanno proposto negli ultimi decenni la necessità di trovare una teoria generale dei sistemi viventi per spiegare la natura della vita. Tale teoria generale, che scaturisce dalle scienze ecologiche e biologiche, tenta di mappare i principi generali su come funzionano tutti i sistemi viventi, invece di esaminare i fenomeni cercando di suddividere le cose in componenti.


La teoria generale dei sistemi viventi esplora i fenomeni in termini di modelli dinamici delle relazioni degli organismi con il loro ambiente. Questo principio è rappresentato dalla biologia dei sistemi complessi (CSB), un campo scientifico che studia l'emergere della complessità negli organismi funzionali dal punto di vista della teoria dei sistemi dinamici. U. Alon(27) nel suo libro "Introduction to Systems Biology" Chapman & Hall (2007), l’ha definita “biologia dei sistemi” e mira a comprendere gli aspetti più fondamentali della vita.

Un approccio strettamente correlato al CSB e alla biologia dei sistemi complessi fu chiamato “biologia relazionale” e riguarda principalmente la comprensione dei processi vitali in termini delle relazioni più importanti e delle categorie di tali relazioni tra le componenti funzionali essenziali degli organismi. Per gli organismi multicellulari, questa è stata definita come "biologia categoriale", o rappresentazione modello degli organismi come una teoria di categoria delle relazioni biologiche, nonché una topologia algebrica dell'organizzazione funzionale degli organismi viventi in termini di reti dinamiche e complesse di processi metabolici, genetici ed epigenetici con le corrispettive vie di segnalazione. Approcci alternativi, ma strettamente correlati si concentrano sull'interdipendenza dei vincoli, dove i vincoli possono essere molecolari, come gli enzimi, o macroscopici, come la geometria di un osso o del sistema vascolare.

Sempre all’interno dell’approccio sistemico, la dinamica darwiniana sostiene che: "la vita è un termine generale per la presenza delle “chiusure tipiche” trovate negli organismi; le chiusure tipiche possono essere costituite da una membrana che costituisce un insieme autocatalitico nella cellula", nel quale la vita in un organismo può anche essere modellata come una rete di feedback negativi inferiori di meccanismi regolatori subordinati a un feedback positivo superiore formato dal potenziale di espansione e riproduzione.


A prescindere del tipo di concezione che si abbia sul processo della vita, un elemento comune che fino al secolo scorso ha fornito importanti riferimenti era l’imprescindibilità che tutte le forme di vita richiedevano alcuni elementi chimici fondamentali necessari per il funzionamento biochimico. Questi includono carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno, fosforo e zolfo, i macronutrienti elementari per tutti gli organismi, spesso rappresentati dall'acronimo CHNOPS. Insieme formano gli acidi nucleici, le proteine ​​e i lipidi, quali fondamento per la maggior parte della materia vivente. Cinque di questi sei elementi comprendono gli elementi chimici del DNA, con l'eccezione dello zolfo. Quest'ultimo è un componente degli amminoacidi cisteina(28) e metionina(29). Il più biologicamente abbondante di questi elementi è il carbonio, che ha l'attributo incontrastato di formare legami covalenti multipli e stabili. Ciò consente alle molecole (organiche) a base di carbonio di formare un'immensa varietà di disposizioni chimiche. Sono stati proposti altri modelli ipotetici alternativi di biochimica che eliminano uno o più di questi elementi, scambiando un elemento per un altro non compreso nella lista, o modificando la “chiralità specifica” (dal greco χείρ, "mano", è la proprietà di un oggetto rigido o di una molecola di non essere sovrapponibile alla sua immagine speculare nelle tre dimensioni) o altre proprietà chimiche.


Strettamente legato al pensiero determinista del sistema vita è la rappresentazione del DNA (acido desossiribonucleico) come costrutto molecolare. Il DNA fu per la prima volta isolato da Friedrich Miescher(30) nel 1869. La sua struttura molecolare fu identificata da James Watson(31) e Francis Crick(32) nel 1953, i cui sforzi di costruzione del modello furono guidati da dati di diffrazione dei raggi X acquisiti da Rosalind Franklin(33). L'acido desossiribonucleico è una molecola che trasporta la maggior parte delle “istruzioni” genetiche utilizzate nella crescita, nello sviluppo, nel funzionamento e nella riproduzione di tutti gli organismi viventi conosciuti e di molti virus. Il DNA e l'RNA sono acidi nucleici che, insieme a proteine ​​e carboidrati complessi, rappresentano uno dei tre principali tipologie di macromolecole, essenziali per tutte le forme di vita conosciute. La maggior parte delle molecole di DNA consiste di due fili di biopolimeri arrotolati l'uno attorno all'altro per formare una doppia elica. I due filamenti di DNA sono noti come polinucleotidi(34), poiché sono composti da unità più semplici chiamate nucleotidi.

Il DNA conserva le “informazioni biologiche”. La spina dorsale del DNA è resistente alla scissione ed entrambi i filamenti della struttura a doppio filamento immagazzinano le stesse informazioni biologiche. Le informazioni biologiche sono replicate quando i due filamenti sono separati. Una parte significativa del DNA (più del 98% per gli esseri umani) non è codificante, il che significa che queste sezioni non servono come modelli per sequenze di proteine. Per questo molti scienziati l’hanno definito DNA spazzatura. In realtà come vedremo in seguito questo tipo di DNA è chiamato anche DNA ricetrasmittente, il quale possiede quindi una natura elettromagnetica, comunica e riceve informazioni dalla consapevolezza umana (conscia o inconscia che sia) tramite l’elettromagnetismo a larghissimo spettro e, contemporaneamente interagisce con il “Campo energetico Universale”.


Anche se ormai è risaputa la funzione della sequenza e della composizione degli aminoacidi all’interno del DNA, attualmente non si conosce ancora bene la funzione di attorcigliamento delle doppie eliche ai fini della codifica e della decodifica dell’informazione. La torsione delle sequenze delle varie frequenze, quasi come un solenoide in miniatura, genera una bassissima corrente bioelettrica che attraversa l’intera catena proteica di materiale biochimico attorcigliato, generando un minuscolo, ma efficace campo elettromagnetico. La variabilità dell’attorcigliamento determina una modulazione del campo elettromagnetico, la quale permette il trasferimento e la conseguente modulazione dell’informazione e della comunicazione all’interno del codice. In base all’informazione ricevuta, il codice “risponde”, agisce, trasmette e riceve, con la possibilità di modificarsi e riprogrammarsi. Finalmente, a questo punto iniziamo a comprendere come la connessione del campo elettromagnetico molecolare e il campo elettromagnetico dell’intero pianeta e dell’Universo stesso siano fondamentali per l’armonia degli organismi viventi e come non si possa più trascendere dal considerare l’esistenza di queste forze “interdimensionali” che lavorano “trasversalmente”. Queste forze collegano in un continuum spazio-temporale quel codice ancestrale presente in più dimensioni. Lo stato di equilibrio e quindi di benessere non può più prescindere da questa consapevolezza umana che comunica attraverso i summenzionati ponti di Einstein-Rosen con la Matrice degli infiniti Universi e all’interno del proprio essere tramite l’elettromagnetismo a larghissimo spettro.


Dott. Valerio Sgalambro - Presidente I.B.A.


Fonti

1 https://it.wikipedia.org/wiki/Protista

2 https://en.wikipedia.org/wiki/Archaea

11 https://en.wikipedia.org/wiki/Poplawski

18 https://it.wikipedia.org/wiki/Eugene_Wigner

19 https://it.wikipedia.org/wiki/Erwin_Schr%C3%B6dinger

21 https://en.wikipedia.org/wiki/Stuart_Kauffman

23 https://it.wikipedia.org/wiki/James_Lovelock


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